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Le Confraternite di Monteleone

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Venerdì 15 Luglio 2011 14:56

Sull?origine delle confraternite di Monteleone non si hanno notizie certe in quanto i primi documenti che di esse si conservano risalgono alla fine del 1500, ad un periodo, cioè, posteriore al Concilio di Trento che dettò alcune precise disposizioni per questo tipo di associazioni religiose, è però indubbio che il loro sorgere è da cercare in un fenomeno generalizzato legato ad una serie di eventi e motivazioni che già dall?avvicinarsi dell?anno mille portarono al loro fiorire in diverse parti dell?Europa. Pertanto, non è da escludere che anche nel nostro paese, almeno alcune di esse nacquero nel periodo immediatamente successivo alla sua stessa fondazione.

Sul loro mondo, a metà tra associazioni religiose e opere pie, ha sempre aleggiato un alone di mistero. I cappucci indossati nelle processioni, le norme rigide di comportamento, i cerimoniali, il rispetto tra gli affiliati hanno contribuito ad accrescere questa componente, ma è indubbio che sin dal Medioevo e sull?onda della devozione, le Confraternite hanno rappresentato un importante fenomeno dal punto di vista etnologico e sociale, essendosi diffuse in modo capillare e presentando, in diverse realtà caratteristiche e stilemi comuni.

Concentriamo l?attenzione sulle Confraternite monteleonesi, presentando, nel modo più succinto possibile, il frutto di una ricerca lunga e appassionata che ci ha condotto a scoprire questo mondo affascinante del quale il fenomeno meramente locale non è che un riflesso di quello più vasto e generale che per secoli ha caratterizzato e, cosa ancora più straordinaria, continua a caratterizzare la vita della Chiesa.

 

CARATTERI ED ASPETTI COMUNI ALLE DUE CONFRATERNITE MONTELEONESI

A Monteleone si hanno notizie di vari sodalizi confraternali sorti nel corso dei secoli scorsi, solamente di due di queste, però, resta un consistente patrimonio archivistico che ci ha consentito di ricostruirne le più importanti tappe della loro esistenza. Si tratta della Confraternita della Morte, successivamente denominata della Morte e del SS.mo Crocefisso e di quella del SS.mo Sacramento.

Le due pie istituzioni presentano molti aspetti comuni per quanto attiene all?organizzazione interna che possiamo ricostruire attraverso gli statuti del 1857. Erano previsti due organi collegiali detti Congregazioni, vi era quella Generale che consisteva nell?assemblea di tutti i confratelli, era in pratica l?organo decisionale; l?altra detta Segreta era invece l?organo esecutivo ed era costituita dagli Ufficiali, da alcuni membri anziani e dal Segretario.

Gli Ufficiali erano: il Governatore, nella confraternita del SS.mo Sacramento detto Primicerio, sacerdote e capo spirituale, un amministratore e cassiere detto Camerlengo, due Guardiani coadiutori del Camerlengo soprattutto per gli affari di campagna, due Sindaci che avevano il compito del controllo sulla gestione ed un Esattore dei Suffragi addetto alla riscossione delle quote annuali e delle multe.

Per il pratico svolgimento di alcune incombenze quotidiane vi erano degli ?Impiegati? che ricevevano un compenso per l?attività svolta ed erano: il Segretario, il Mandatario che era messo e sacrestano della chiesa di competenza e, nella confraternita della Morte il Custode della Chiesa del SS.mo Crocefisso.

Gli statuti prevedevano una serie di pratiche religiose cui i confratelli dovevano attenersi per costruire il loro cammino di fede che consisteva nella recita di particolari orazioni, nella partecipazione alle cerimonie religiose proprie della confraternita e ad alcune comuni quali ad esempio le Quarantore o il ?Sepolcro?, partecipare alle processioni solenni, in particolare quelle del Cristo Morto, del Corpus Domini e dell?Assunta. In queste occasioni i fratelli dovevano portare gli ?attrezzi?, cioè statue, baldacchini, croci, insomma tutto quello che era costume esporre in queste circostanze e vigilare sul buon andamento della cerimonia. Dopo i riti era consuetudine consumare il ?Torcolo?, una sorta di biscotto rotondo aromatizzato con l?anice accompagnato da un buon vino. Gli inconvenienti causati dell?abuso, da parte di alcuni, del vino determinarono spesso la decisione di vietare la distribuzione dell?amata bevanda, tanto gradita specie nei momenti conviviali e di incontro anche perché era assai rara nelle maggior parte delle famiglie in quei tempi in cui miseria e fame erano spesso le costanti di una vita di duro lavoro e di stenti.

Gli statuti prevedevano un sistema sanzionatorio con diversi gradi di penalità commisurati alla mancanza commessa: dalla sospensione alla multa alla cancellazione dal novero dei fratelli. Era prevista anche una componente femminile, le donne non pagavano la quota annuale, ma non erano ammesse al voto e non potevano ricoprire incarichi, né potevano avere lo stesso cerimoniale per il loro funerale.

Le confraternite avevano una sede in una chiesa con annesso oratorio, avevano un proprio stemma distintivo ed i confratelli vestivano un particolare abito. Questo era molto importante e ricco di simboli in quanto l?abito esteriore doveva essere il riflesso della dimensione interiore, spirituale di ciascun fratello. L?abito aveva un cappuccio per coprire il volto, anche qui un simbolismo: se si fa del bene chi lo riceve non deve ringraziare nessuno, i fratelli compiono le proprie opere, per modestia ed umiltà, nell?anonimato; quello che conta e deve comparire è la Famiglia e non il singolo.

A sottolineare l?importanza dell?abito nella vita confraternale vi è la solennità con cui si svolgeva la cerimonia della vestizione dei nuovi fratelli tramandataci attraverso un antico documento che ne descrive minuziosamente il particolare e suggestivo cerimoniale.

Le Confraternite, infine, erano aggregate alle Arciconfraternite delle rispettive famiglie; l?aggregazione era il mezzo attraverso il quale i confratelli potevano godere dei benefici spirituali, detti privilegi, concessi dai Pontefici alle Arciconfraternite.

 

LA CONFRATERNITA DELLA MORTE

Calandoci poi ancora di più nel particolare tracciamo ora un profilo delle caratteristiche proprie di ciascuna delle due confraternite monteleonesi.

In un documento della fine del 1800 conservato presso l?archivio Comunale di Monteleone leggiamo che la Confraternita della Morte esiste da tempo immemorabile. Crediamo di non scostarci tanto dal vero se affermiamo che le sue origini affondano presumibilmente le proprie radici al momento della stessa nascita del Castello di Monteleone, nei primi secoli dell?anno 1000, avendo essa quale compito istituzionale primario quello del seppellimento dei defunti.

Il primo documento ufficiale che di essa si conserva è tuttavia un atto notarile del 1579, conservato presso l?Archivio del Vicariato di Roma, con il quale i confratelli chiesero l?aggregazione all?Arciconfraternita della Morte ed Orazione di Roma.

La Confraternita aveva la propria sede ed oratorio nella chiesa di San Giovanni Decollato, oggi scomparsa, che sorgeva nell?attuale Piazza Garibaldi. Nel 1821 fu poi trasferita nella chiesa di Sant?Antonio da Padova, nell?attuale Piazza Bilancini. Annoverava tra i propri beni anche la casa attigua utilizzata in parte come magazzino di ?attrezzi?, e dove successivamente trovò abitazione il custode della chiesa del SS.mo Crocefisso.

Grazie a lasciti e donazioni costituì nel 1733 il Canonicato del SS.mo Crocefisso.

Dallo statuto del 1857 apprendiamo che il proprio stemma distintivo, ricalcante probabilmente un disegno proveniente dall?antica tradizione, rappresentava il SS.mo Crocefisso con la Morte ai piedi, l?abito, detto ?sacco? era di tela di colore nero, nella simbologia, il colore della terra al quale si affida il corpo affinché possa, come il seme, rigenerare la vita; esso era adornato con lo stemma, aveva le maniche larghe ed era cinto da un cordone nero alle cui estremità vi erano alcuni nodi.

Con atto del Vescovo di Città della Pieve Mons. Ricci del 13 aprile 1630 fu ?associata?, in pratica diremmo oggi: ?data in gestione?, a questa confraternita la nuova Chiesa del SS.mo Crocefisso, la cui costruzione terminò proprio in quegli anni. Fu un evento di importanza tale che il sodalizio acquisì, da quel momento la denominazione di Confraternita della Morte e del SS.mo Crocefisso. La chiesa, poco distante dal centro storico, è stata recentemente restaurata e riaperta dopo anni di forzata chiusura.

Aveva come oggetto peculiare quello di ?esercitarsi nell?orazione e nelle opere di misericordia?. Tra i compiti dei fratelli resta in evidenza quello di ?prestarsi per il trasporto dei defonti?.

Oltre alle orazioni personali i fratelli avevano la consuetudine e l?obbligo di adunarsi in certe circostanze nella loro chiesa a mezzanotte per recitare ?l?Offizio dei morti?, ?i Salmi Penitenziali? e ?l?Offizio di Maria SS.ma?.

Il 3 maggio, nei pressi della chiesa del SS.mo Crocefisso i fratelli organizzavano una festa per la solennità di Santa Croce, proprio in quel giorno, come si ricostruisce dai documenti, nel 1630, era stata ufficialmente aperta al culto la chiesa con solenni feste e non mancarono spari di fuochi pirotecnici, così, accanto alle cerimonie religiose trovavano spazio momenti di svago con la presenza della banda musicale, con l?organizzazione di giochi e un semplice, allegro rinfresco.

 

LA CONFRATERNITA DEL SS.MO SACRAMENTO

Della confraternita del SS.mo Sacramento sappiamo che fu eretta nella chiesa dei SS.mi Apostoli Pietro e Paolo con l?autorizzazione di Mons. Bardi, Vescovo di Chiusi, diocesi sotto la quale si trovava Monteleone in quel periodo. Successivamente fu traslata nella chiesa della SS.ma Annunziata, che sorge nell?attuale Corso Vittorio Emanuele II ed unita alla confraternita che lì esisteva, da quel momento si chiamò confraternita del SS.mo Sacramento e della SS.ma Annunziata.

Il culto del SS.mo Sacramento era particolarmente sentito nelle nostre zone già dalla fine del ?200, a causa del miracolo di Bolsena e della traslazione del Sacro Corporale ad Orvieto. Fu poi successivamente alimentato dalla predicazione di San Bernardino, infine il Concilio di Trento (1545 ? 1563) stimolò una capillare diffusione delle confraternite dedicate al Santissimo Sacramento.

Lo stemma descritto nello statuto prevede il SS.mo Sacramento e la SS.ma Annunziata, la veste doveva essere ?di tela di lino grezza e mozzetta di lino bianca orlata con fettuccia pavonazza chiusa davanti con bottoni bianchi e con stemma?. Il bianco è il simbolo della purezza del SS.mo e della Vergine Maria, il ?pavonazzo? o viola è il simbolo della penitenza.

La missione dei confratelli consisteva principalmente nell??esercitarsi a promuovere la devozione al SS.mo Sacramento ed a Maria SS.ma?. Era aggregata all?arciconfraternita del Sacramento che aveva sede nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.

Oltre alle pratiche religiose già descritte, simili a quelle dell?altra confraternita, i fratelli del SS.mo Sacramento avevano il compito di accompagnare il sacerdote che portava il Santo Viatico agli infermi secondo un preciso cerimoniale.

Nell?oratorio si conservava un?immagine della B. Maria Assunta che veniva scoperta su richiesta dei fedeli per ottenere una santa intercessione, i fratelli presentarono istanza al Papa, Pio VII per ottenere, come avvenne che ?? praticandosi avanti di detta Sagra Immagine un divoto esercizio ? voglia degnarsi concedere in perpetuo indulgenza ??.

Anch?essa nel 1733 costituì un Canonicato con il titolo della SS.ma Annunziata e grazie alle rendite potè ristrutturare la chiesa e l?oratorio, inoltre acquistare la casa attigua ad esso per potervi ospitare un cappellano. Alla fine dell?ottocento i fratelli acquistarono anche delle suppellettili sacre per le funzioni religiose, tra cui si annovera un ricco paliotto d?altare preziosi abiti religiosi, il baldacchino per la processione del Cristo Morto, alcune statue ed altro ancora.

 

DALL?UNITA? D?ITALIA AL LORO SCIOGLIMENTO

Nel periodo successivo all?unità d?Italia riuscirono a scongiurare il sequestro dei beni da parte del nuovo Stato dimostrando di essere enti con fine esclusivo di culto e non di assistenza.

Tra il 1914 ed il 1924, in comunione tra loro ed insieme al Comune costruirono l?asilo infantile ampliando la casa del custode della chiesa del SS.mo Crocefisso. L?attività didattica fu affidata ad una ristretta famiglia di suore dell?ordine femminile dei passionisti che vi rimasero fino ai primi anni ?60. Negli anni ?50 del 900 la struttura fu ulteriormente ampliata restando attiva nella sua originaria destinazione fino alla costruzione del nuovo asilo comunale .

Le confraternite, con la loro struttura organizzativa ed amministrativa rimasero attive fino al secondo dopoguerra, furono sciolte nel 1949, poi nel 1950 il parroco fece un tentativo per ricostituirle.

Presso l?archivio della Curia Vescovile di Città della Pieve è conservato un documento in cui si afferma che si iscrissero, come aspiranti circa settanta persone, ciò ci dà una misura di quanto lo spirito confraternale era sentito. La risposta del Vescovo all?istanza presentata dal parroco, conteneva però l?imposizione che coloro che si inscrivevano dovevano dichiarare per iscritto di non appartenere a partiti atei e dell?area Marxista.

La ragione di tale decisione risiedeva sia su questioni morali e religiose, sia più pratiche e materiali, legate al fatto che le Confraternite il Vescovo temeva che la gestione ed amministrazione del patrimonio da esse posseduto potesse essere sottoposta, per le maggioranze che si sarebbero potute creare, ai maggiori partiti politici allora presenti nel paese e cioè: il Partito Comunista Italiano (PCI) ed il Partito Socialista Italiano (PSI), la qual cosa si voleva assolutamente evitare.

Gli aspiranti confratelli obiettarono che si doveva distinguere il fatto politico da quello religioso al quale avevano guardato coloro che avevano aderito all?invito del Parroco. Ma il Vescovo si mostrò molto deciso ed irremovibile. Non fu quindi possibile ricostituire le Confraternite. Per quanto attiene ai beni da allora la gestione è passata direttamente al parroco.

Resta estremamente moderno il messaggio che queste pie istituzioni continuano a testimoniare con la loro presenza: la riscoperta di una vita fondata su valori di profonda moralità: la modestia, l?umiltà, la solidarietà, il dare senza pretendere grazie, vivere una profonda, intima spiritualità, rispettare e perpretare la tradizione con la coscienza della propria antichissima storia. Forse questi sono concetti lontani dal nostro mondo meccanicistico, frenetico, in rapida e continua evoluzione. Proprio per questo e proprio in questo momento riteniamo che allora potrebbe essere utile volgere ancora lo sguardo a quel mondo, attingervi per ritrovare e riscoprire quei valori universalmente validi ed oggi sempre più spesso dimenticati.

Autore Sergio Giovannini

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