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La guerra per il Ducato di Castro - La distruzione del castello di Monteleone

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Venerdì 02 Settembre 2011 21:41

Nel 1643 durante la Guerra Barberina fra il Papa Urbano VIII ed i Farnese per il possesso del Ducato di Castro, Monteleone è espugnato, saccheggiato e smantellato, dalle truppe fiorentine che sono al fianco del duca di Parma: il castello viene occupato per circa un anno. In seguito a tali avvenimenti Monteleone cessa di essere un vero e proprio castrum fortificato.

Molte memorie di Monteleone vengono distrutte nei vari saccheggi medievali, soprattutto in quest'ultimo in cui i fiorentini rubano tutte le scritture e bruciato quanto non è possibile asportare: sono anche diroccate le mura difensive ed alcuni ingressi secondari.

L'occupazione è dura e sanguinosa. Antonio Baglioni così racconta il fatto:

«  I Papalini nel settembre 1643 avevano di nuovo occupato Monteleone; i Ducali dopo il fatto di Mongiovino pel Piegaro ritornarono all'attacco di Monteleone, il quale riuscirono a riavere per la ritirata dei difensori, i quali abbandonarono gli effetti loro, che rimasero preda del vincitore unitamente ad un Ingegnere, che molto malmenato, fu qual delinquente rinchiuso nelle carceri di questa Rocca, e poscia condotto a Firenze, senza che si possa conoscere la causa, perché così siasi maltrattato uno, che pur'era prigione di guerra, come gl'inservienti all'esercito papalino presi unitamente agli effetti suddetti, che non vennero strapazzati.

 In questa nuova impresa di Monteleone usarono i Ducali empietà, ed azioni indegne del nome cristiano, uccidendo gli abitanti senza riguardo alcuno, non portando neanche rispetto alla Chiesa, ove ne uccisero circa 22, e tra gli altri un povero vecchio, che se ne stava genuflesso avanti il SS.mo sacramento; rubbarono, e profanarono vasi, e arredi sacri: le sporcizie fatte alle donne, rubbamenti, ed assassinamenti poi non hanno fine, nè numero; e poscia, smantellato quel castello lo lasciarono in abbandono, standovi solamente otto o dieci soldati, piuttosto per governarsi, che per custodirlo.

Intanto Firenze si abbandonava all'allegrezza... ...e di questi acquisti di Città della Pieve, Mongiovino, Castiglione,Monteleone ne composero le barzellette in ottava rima, e le facevano cantare per ludibrio dai ciechi per le piazze di Firenze."  »

(Antonio Baglioni "Città della Pieve Illustrata-Lettere Storiche" Volume Unico - Tipografia del Seminario di Montefiascone 1845)

Così riassume efficacemente il Bolletti:

« Soffrì questa terra, come tante altre, molti danni nel saccheggio datole dai Fiorentini nel 1643 che ne distrussero tutte le fortificazioni, e ne spogliarono l'Archivio, in cui per caso solo restarono le sue leggi statutarie, che tutt'oggi si conservano, e per cui sembra, che circa il secolo XIV e XV siasi governata con le proprie leggi, ed in istato di indipendenza »

 (Giuseppe Bolletti Notizie istoriche di Città della Pieve, Perugia 1830)

L'azione dei toscani permette alle truppe vaticane di tentar un colpo a sorpresa a Pistoia, ma la reazione degli abitanti di quella città bloccano il tentativo del cardinal Barberini. Così narra l'episodio il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni

« ...Guerra intanto era anche a' confini del Sanese e del Perugino, fra le genti del Papa e quelle di Ferdinando II, che si recò al campo di Valdichiana, essendo riuscito a' fiorentini disfare le truppe papali a Mongiovino con istrage numerosa, occupar e devastare Città della Pieve, Monte Leone e Castiglione del Lago, oltre il bloccar Perugia, come pretendono alcuni; sebbene il duca Savelli con maestria di guerra li tenesse poi ben ristretti e rendesse loro la pariglia. »

« Trovandosi impegnate colà le truppe toscane, il cardinal Barberini concepì di fare un bel colpo sul granduca (di Toscana ndr). Ordinò sul principio d'ottobre al signore di Valenze' di marciare dal Bolognese per la via della Porretta alla volta di Pistola, con disegno di sorprendere quelle città sprovveduta di presidio. Egli vi andò con 4000 fanti e 1000 cavalli, e giunse a dar la scalata alla città a' 2 ottobre, ma non corrispose alla sua prodezza la fortuna, perché i cittadini coraggiosamente difesero le mura, benché poi non poterono esentare la campagna da grave saccheggio... »

 (Cavaliere Gaetano Moroni Romano secondo aiutante di camera di Sua Santità Pio IX, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni - Vol. XCII, in Venezia dalla tipografia emiliana 1858)

Nonostante le lunghe sofferenze e le distruzioni la guerra si conclude con un nulla di fatto, nessuno delle parti guadagna posizioni, ma tutti perdono; nella valle del Nestore viene innalzata un'altare alla Vergine ed a San Crescenzio dove, durante il conflitto, staziona il corpo di guardia. Questa la parte finale del racconto di quei fatti in "Memorie civili di Città di Castello":

« ...I Sovrani di Europa fecero conchiudere alle parti belligeranti la pace, dopo una guerra, che il Muratori chiama comica, perché il Duca Odoardo fu assoluto dalle censure, riebbe i suoi feudi, ed ognuno degli stati belligeranti soccombette alle spese della guerra senz'alcun profitto.

II popolo della valle del Nestore eresse in memoria della liberazione dalla guerra un' altare alla Beatissima Vergme e a S. Crescenziano nella chiesa della Madonna di Morra, nel qual luogo facevasi corpo di guardia. Ecco la iscrizione sotto il quadro.

"Virgini Deiparae gloriosissimae propugnatici, sanctissimaq. militi patrono Crescentiano, caeterisque Coelicolis, quod a Nestorii fluentis oris immanes apostolicae sedis etruscos hostes in anno millesimo sexcentesimo quadragesimo tertio et quarto longe, lateque populantes arcuerunt, incolae convallium, montiumque ejusdem hoc grati animi monumentum sustulere A.D. 1646.

Gens bello haec premitur, coelestia numina vota

Angit, et illa hostes, bellaque cuncta fugat. »

( Memorie civili di Città di Castello, raccolte da M.G.M.A.V. di C. e C., volume primo, Città di Castello presso Francesco Donati 1884)

Conclusa la pace, Monteleone torna sotto il governo della Chiesa ed inizia un periodo di serenità per le popolazioni, volto soprattutto allo sviluppo dell'agricoltura. In quel periodo infatti, anche grazie ad un concordato fra la Santa Sede ed il Granducato di Toscana per la bonifica ed il risanamento della palude della Chiana, onde evitare la malaria e le malattie dovute agli acquitrini melmosi che hanno afflitto per tutto il medioevo la parte bassa di Monteleone, si risolve parte del problema (solo nel XVIII secolo vi è una soluzione definitiva).

(fonte wikipedia autore mpattuglia)

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